giovedì 28 aprile 2016

Madagascar: Alba ci scrive

Lontano, grande, misterioso, sconosciuto, caldo, rosso, verde…
Missione, viaggio, progetto, impegno, silenzio, servizio, coraggio, forza, responsabilità, nuovo punto di vista, incontri, scontri, diversità, fatica, quesiti…
Grandi e infiniti…
Quanto questa terra, lontana, diversa, immensa e accogliente.
Al mio arrivo in Madagascar non ho potuto far a meno di notare l’accoglienza sia dei malgasci, dei volontari, sconosciuti che ti accolgono da Tanà a Manakara passando per Ambositra, con un biglietto di “Tonga Soa” una torta, un pensiero…un abbraccio, un sorriso.

L’arrivo ti fa sentire sballottato, come le tue valigie sul nastro trasportatore; il caldo, soffocante al quale non siamo abituati, ti fa sentire come quando ti manca forte qualcuno che ami che hai lasciato a diecimila chilometri…
La fede, l’entusiasmo, la curiosità, l’amicizia e l’amore, sono forze che ti fanno affrontare e superare ogni cosa.
La fede viene messa alla prova continuamente, ma quella che il Signore ha nell’uomo no, anzi, quella qui la senti più forte…e se Lui non ha mai smesso di fidarsi di noi, forse affidarsi a lui, per quanto grande sia il “mistero della fede”…

Ho trascorso un rapido mese ad Ambositra, le prime tappe al mio arrivo sono stati la messa in carcere e la casa di carità.
Ecco una cosa per me toccante e impressionante è il potere delle case di carità. Il trovare una foto di don Mario e Suor Maria dall’altra parte del mondo e la devozione che il suo sogno è riuscito a raggiungere, mi conforta e dà speranza.
Le case sono davvero un miracolo, un progetto del Signore divenuto realtà.
Un bisogno che l’uomo non sapeva di avere.
Lì in casa ad Ambositra è dove mi sono sentita più a casa…

Non credevo inizialmente d’incontrare tanta difficoltà nell’esprimermi in malgascio o nella mancanza di riuscire a mettersi in relazione più profonda attraverso le parole…
Ma la casa di carità, ti fa andare oltre le parole, grazie ai canti, alla preghiera, ai sorrisi agli sguardi ai gesti…E questo in tutto il mondo và oltre la diversità, con la quale ho potuto scontrarmi fin da subito per strada…
La gente, la massa di gente al mercato, sul posy, in bici, a piedi… scalzi… dai piedi puoi capire molte cose delle persone: da dove vengono, quanto hanno camminato, quanto cammineranno ancora, dove lavorano…
Per non parlare della bellezza dei colori e della luce…
Una cosa che chi era in Italia mi ha fatto subito notare quando gli inviavo una foto, era la luce, l’infinità del cielo e quanto fosse luminoso e splendente qui…
Camminando per strada, ti senti così osservato, ogni passo è un “Vazah” di qua, un Salama di là…
Tsara…
Non mi sono mai sentita così tanto osservata in vita mia…
Spesso mi chiedo cosa pensano di noi, sul perché siamo qui, sul colore della nostra pelle, su come siamo vestiti, sui nostri bisogni, a volte buffi, a volte superflui, sul nostro modo di camminare, sul nostro modo di parlare…
Mi sembrava sempre che i malgasci parlassero talmente a bassa voce che non potevo sentirli…
Finchè non becchi una mamma arrabbiata che urla bene…e ti ricredi subito…
Ho un bellissimo ricordo dei bambini di Fanomezantsoa, incontri brevi ma intensi, momenti di scambio e di gioco in questa realtà, importante, un centro di accoglienza per figli di carcerati.

Non faccio in tempo ad imparare il saluto di Ambositra a godere del suo clima fresco alla sera, a conoscere le persone incontrate nel soggiorno lì…
Che mi ritrovo ad Ampasimanjeva!
Ah, Ampasimanjeva, un altro mondo! Un altro ancora!

Quando imbocchi la strada per Ampasimanjeva, la natura ti avvolge, la strada non asfaltata, fangosa, e difficile da percorrere…l’aria umida…
Ampa avvolta nella sua verde maestosità, piccola, con il Faraony che scorre al tuo fianco…
Quasi come se dovessi chiederle il permesso…
Un posto magico come descrive anche la mia compagnia di viaggio Agnese!


La F.M.A. è situata in alto, alla fine della strada principale.
Un ospedale a tutti gli effetti, qui passerò i prossimi nove mesi….
Ovviamente ha qualcosa di più di un semplice ospedale… Perché è “Casa”.
Anche qui il passaggio di don Mario, è forte e impresso.
La F.M.A. è casa perché è famiglia.
Non posso nascondere che l’impatto è stato davvero forte.
E come in tutte le famiglie, a volte incontri ostacoli, incomprensioni, a volte non ci si ascolta abbastanza, o si dà per scontato… genitori e fratelli non ci è dato sceglierli eppure sono coloro che più ti ameranno così come sei, che saranno sempre al tuo fianco…
Fai presto ad affezionarti ad Ampa, però devi essere come il fango, morbido e malleabile, come quando c’è la “rano bè” e scorre forte l’acqua nella stessa direzione.
Ma non so ancora dirvi il perché.
Forse ripartendo da è famiglia: tutti vivono qui.
Il personale dell’ospedale, i guardiani e le varie figure che ruotano attorno a quest’immensa “macchina”, (un po’ come il corpo umano)
Per alcuni anche le loro famiglie, altri invece ce l’hanno lontana ma lavorando qui, si vive qui.
E le famiglie degli ammalati, dei ricoverati, i tubercolotici che sostano qui per due mesi per la terapia.
A tavola, noi volontarie, suore, (perno fondamentale di quiggiù) il direttore, i medici…
Inevitabilmente inserendoti nella sua quotidianità cominci a conoscere le persone…
I giorni diventano settimane e la routine di un “Akory aby” diventa pane quotidiano, del quale non puoi fare a meno…
Ampa ti smentisce e ti mette alla prova continuamente, da quando ti metti a letto a quando ti alzi…
A partire dal clima, ai suoni…
Qui come dicevo la natura prevale regina al contrario della città… se te la immaginavi silenziosa beh, i bambini, da quelli che giocano a quelli che piangono, e urlano, le anatre, i galli, le galline, le oche, gli insetti che non sto a elencare perché non finiremmo più…(Menomale che Agnese ogni tanto fa selezione naturale!)

Il lavoro: dal garage, alla falegnameria, alla produzione di caffè, alla Modestine che conta assieme a Norbert, alla Masera che fa scoperte in laboratorio, all’Agnese che tra una parola in malgascio e una in italiano, scherza con Tatà e Filippo in farmacia…
Ai bambini al pomeriggio che giocano con Agnese in puppunière, per poi andare un po’ più in là dalle madri, alle donne in dolce attesa al reparto adulti…
Tutto ha un suo ritmo, ogni cosa ha un suo posto e un suo momento, tutti sanno ciò che devono fare e tutto ha un orario ben preciso…
Inizia presto la giornata ad Ampa, e inevitabilmente finisce presto, e quando ti ritrovi ad avere sonno e a letto alle otto e mezza capisci di essere un minimo entrato nel giro… e vi assicuro che venire da un mondo dove le otto e mezza erano il pieno dell’ingresso al cinema…fa effetto…

 Ci sono tantissimi episodi che in questi due mesi circa e mezzo, mi hanno colpito, mi rimarranno per sempre impressi e mi hanno messo alla prova: da un bimbo piccolissimo che piange urlando perché un “Vazah” è diverso e lo spaventa da matti, ad uno invece che ti da fiducia e ti sorride, e gioca con te, ad una mamma dai tubercolotici che quasi si emoziona perché il bimbo di due anni ormai prende da solo il termometro e si prova la temperatura, al tragitto per andare a trovare un ammalata che era ricoverata in ospedale, abita al di là del fiume, quindi un pezzetto di lakana, un altro pezzetto a piedi, in quei giorni aveva piovuto molto, il cammino era davvero fangoso, da fare scalzi, e rendersi conto di non sapere cosa sia l’equilibrio, o quanto importante fosse l’utilizzo delle dita dei piedi… o della mano della masera.
Dal chiedersi continuamente come fanno loro, come ha fatto quella ammalata a raggiungere l’ospedale, in queste condizioni…? Alla fine scivolare totalmente e vedere le donne del villaggio che corrono verso di te per lavarti…dicendogli che non ce n’era bisogno, ma loro continuavano…a usare la loro acqua per lavare me sporca di fango.
Al poter scorgere nelle case costruite tradizionalmente, una donna che cuce, con una macchina da cucire vecchissima, ad un'altra che intreccia la rafia, una che cucina, pentola e carbone…
All’organizzare la formazione con i medici, che fanno un lavoro immenso, e si sforzano per parlarti in italiano e quando tu non crederai di potercela fare, loro con quel basso tono di voce ti diranno che funzionerà…all’incontrare tutte le figure di un villaggio, dal re, al sindaco agli agenti comunitari (per i meno esperti c’è zio Google, anch’io non ne conoscevo l’esistenza-“Déclaration de Ouagadougou”) alle matrone di villaggio (ostetriche tradizionali) alla voglia di mettersi in gioco ancora…
Allo scontrarsi con la realtà, con la diversità…
Al sentirsi completamente inutile, che loro aiutano te, ad inserirti, ad accoglierti a parlare la tua lingua, e a volte anche alcuni che ti fanno sentire tanto diverso, forse anche non voluto per ciò che rappresenta il nostro passato...la storia, forse.
Allo scorrere del tempo, percezione che ho avuto sin dall’arrivo, come quando esci dalla centrifuga della lavatrice ti siedi, ti guardi e ti dici: “e adesso...?”
…Niente, buona missione, soava dia!

Alba
Ampasimanjeva

venerdì 15 aprile 2016

Missi-ON-air: storia di un viaggio....

Già in luglio avevamo raccontato di Tuttelecaseportanoinstrada: siamo un gruppo di giovani “scalmanati” che una volta tornati dalla missione, per campi estivi o per un tempo più lungo, abbiamo scelto di condividere incontri, racconti, odori, sapori ed emozioni. Avevamo pensato ed organizzato un aperitivo in piazza Fontanesi in giugno, poi una giornata con mostra fotografica per la Festa di san Martino a Vezzano, allestendo alcuni spazi che ricordassero esperienze legate alle missioni della Diocesi. 




Ritrovarci ci diverte, ci sti-mola a fare memoria del-la ricchezza vissuta e a non voler far altro che con-dividerla, perciò abbia-mo pensato che forse ad altri come noi avrebbe fatto piacere rivedersi per un confronto e tanta festa. Così è nato MissiONair!

 Ed eccoci alle 16.30 di domenica 3 aprile, quando alla parrocchia del Sacro Cuore di Reggio, una settantina di ragazzi si sono imbarcati!












Dopo l’accoglienza delle hostess, il check in e tanta voglia di volare verso mondi lontani abbiamo iniziato un percorso di musiche, sabbia, sassi, fotografie, stoffe e piccole attività domestiche che per qualche istante ci hanno immerso tra India, Albania, Brasile, Madagascar, Rwanda, Sierra Leone e Kosovo. 



Prima di rifare gli zaini per il ritorno dal “viaggio” abbiamo proposto alcune domande sullo stare in missione, quelle che più spesso sono frullate nella testa di tanti di noi (cosa è giusto? per chi lo sto facendo? perché sono qui?) e abbiamo potuto incontrare alcuni amici, accolti a Reggio dopo esser fuggiti dalle loro terre attraverso il Mediterraneo,.



Il pomeriggio è proseguito suddivisi in gruppi dove ognuno si è presentato ed ha cercato di raccontare se e come il tempo in missione ha/abbia?? cambiato le nostre scelte, il modo di avvicinarci agli altri e i nostri stili di vita. Chi ha voluto ha potuto lasciare un messaggio davanti alla telecamera del confessiONair e votare le foto in concorso, poi premiate durante l’aperitivo.


Crediamo che MissiONair sia stata un’occasione per condividere le domande e le fatiche, ma soprattutto per allargare i progetti, i desideri e le speranze di continuare a tenere vivo quel che abbiamo visto e toccato in terra di missione e, moramora (piano piano), abbiamo iniziato a camminare. 







Noi continuiamo a trovarci e accogliamo con allegria nuovi arrivati, idee, domande e proposte. Non esitate a scriverci a tuttelecaseportanoinstrada@yahoo.it e a seguire su facebook alla pagina “ Tutte Le Case Portano In Strada” i prossimi appuntamenti itineranti!

giovedì 14 aprile 2016

Condividiamo la fatica

Questa condivisione ci è arrivata da Teresa Pecchini, in visita da alcuni giorni agli artigiani con cui la coop. Ravinala lavora da molti anni, nel commercio equo e solidale reggiano.

Oggi ho voglia di condividere con voi la mia fatica...
Nei giorni scorsi ero a Imeritsiatotsika dove vivono i nostri artigiani della latta (macchinine ecc) e tra le varie visite sono andata a trovare la vedova di Noel uno dei nostri artigiani morto alcuni anni orsono. Ora sua moglie e soprattutto il figlio primogenito portano avanti l'attività del padre e continuano a lavorare con noi.
Arrivando da loro mi accorgo che il piccolo di casa (12 anni, ma veramente piccolo) è seduto e dolorante con una brutta fasciatura alla gamba. chiedo cosa è successo e nessuno mi sa rispondere con chiarezza questo bimbo ha cominciato a star male a novembre e da allora hanno girato da un dispensario all'altro e poi da un ospedale all'altro e ad oggi nessuno ha scoperto cos'abbia questo bimbo che ormai da Gennaio non cammina più. Hanno speso tutti i loro risparmi e venduto tutti gli animali domestici (un maiale, 20 anatre, 20 galline) x pagare le cure e non hanno nemmeno una diagnosi.
Ieri ho concordato con il fratello che lo portasse dalle nostre suore almeno per fare una medicazione ben fatta e per sapere il pensiero e il consiglio di suor Giacinta... ora siamo in attesa di un esame che arriverà nei prossimi giorni la cosa migliore potrebbe essere una tubercolosi ossea che con un anno circa di cura guarisce completamente ma loro di sicuro non si possono permettere ancora così tante spese e quindi vedremo come fare fino ad oggi hanno speso circa 1000 euro inutilmente... non posso pensare che un bimbo così piccolo perda una gamba solo perchè non si trovano i soldi per curarlo...





Scusate avevo solo bisogno di condividere questa tristezza...
Non è la ricchezza che manca nel mondo, è la condivisione
(Proverbio cinese)

martedì 12 aprile 2016

Il viaggio di Suor Ines in Albania

Laç Vau Dejës 31/3-6/4/2016


“Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra”

Nell’Ottava di Pasqua questa Parola detta da Dio ad Abramo mi ha accompagnato nel mio arrivo con Miriam in Albania.
Benedetto popolo dell’Albania così vicino a noi e cosi diverso,
 così provato ma pieno di speranza, così oppresso ma proteso alla libertà.
Benedetta Chiesa dell’Albania, così giovane e così antica, resa bella e feconda dal sangue di  tanti martiri, così forte da aver saputo custodire la fede nel lungo tempo dell’oppressione.
Benedetti uomini, donne e bambini albanesi e benedetti i giorni trascorsi in mezzo a voi!

Condivido un breve diario di questo tempo di grazia.
Giovedì 31/3       si parte presto con Miriam da S. Girolamo. Volo Bologna-Tirana, arrivo all’aereoporto dedicato a Madre Teresa,  incontro con sr Rita. Arriviamo a Laç, incontro con sr Grazia e gli Ospiti, tutti belli. Le tre nonne, Dila, Mrika  e Lena in abiti albanesi, la prima Regina della Casa, il direttore d’orchestra Fabjan, il calciatore Pjetri, il piccolo conquistatore Pashk.
                               Nel pomeriggio S. Messa in Cattedrale celebrata dal parroco, don Simon. Non incontro il Vescovo Mons. Lucjan che sta facendo in questi giorni controlli sanitari ma è reso presente dalla preghiera e affetto di tutti
Venerdì 1/4         Compleanno di sr Grazia, conosco la Caritas Diocesana e il resto della Casa.  Alla sera incontro con l’equipe reggiana, don Stefano Torelli e Laura (PR) per Gomsique, Giuseppe, Daniele e Caterina  di RTM, le Sorelle di Casa
Sabato 2/4            Visita al Carmelo di Nenshat, 10 monache, 4 croate e 6 albanesi, vicino al Monastero i Padri Carmelitani dell’Italia Centrale  stanno costruendo un centro di spiritualità per tutti i Balcani. Messa con le famiglie della Diocesi nell’unica parrocchia dedicata alla Divina Misericordia, l’Eucaristia è preceduta dalla  riconciliazione tra due famiglie in vendetta.
Domenica 3/4     Domenica in Albis, Domenica della Divina Misericordia. Messa in Cattedrale, con tanto popolo di Dio molti giovani. Incontro in C.d.C. con don Simon e con due gruppi di giovani sullo spirito della Casa. La Casa è un luogo dove  si cerca di  parlare di Dio il cui nome è Misericordia
Lunedì 4/4          Annunciazione del Signore.
                               A Scutari visita alla comunità delle Missionarie della Carità e ai loro 57 Ospiti, visita alle Clarisse e quasi un pellegrinaggio al vicino luogo della memoria dei crimini del regime comunista. Visita alla Cattedrale.
                               Nel pomeriggio a Laç S. Cresima a 7 adulti, poi visita con don Simon a sr Maria delle Stimmatine che ha battezzato lui  e tante altre persone durante il regime.
Martedì 5/4         Con don Stefano, Laura e gli albanesi Benito e Vilma partiamo per Messa al lago, poi a Gomsique.
                               Nel pomeriggio a Laç preghiera e incontro con le donne della Legio Mariae. Incontro alla sera con le Sorelle e il Parroco e ringraziamenti.
Mercoledì 6/4      Partenza per l’Italia

                                                 
                             

                                 
                               




Condivido alcuni primi pensieri.
Ho intravisto il filo provvidenziale che sempre ci accompagna nel nostro cammino di  Diocesi. Dal Sud al Nord dell’Albania don Gigi Guglielmi fin dagli inizi aveva aperto la strada di una vicinanza ai più piccoli, sia i bambini soli nell’orfanotrofio di Valona sia i piccoli cerebrolesi dell’Ospedle psichiatrico di Scutari. Poi sono arrivati i sacerdoti e i laici che al servizio della comunità a Gomsique hanno continuato nello stesso annuncio. La Casa della Carità è l’ultima arrivata nella missione reggiana in Albania ma il fondamento è sempre quello di provare a vivere comunitariamente il Vangelo servendo i più deboli.  La Casa è sorta nella Diocesi di Laç dove si vive in varie forme la carità verso i più poveri e ammalati. Custodire questa continuità dovrebbe aiutarci a condividere di più, ad aiutarci reciprocamente, a pensare insieme i passi del cammino futuro.  
Anche oggi l’equipe reggiana (Gomsique – CdC – Rtm) mi sembra che abbia potenzialità enormi di collaborazione e confronto non sempre sfruttate.
C’ è  da crescere nella logica che la missione è sempre comunque scambio tra Chiese Sorelle, non c’è qualcuno che dà e basta o qualcuno che riceve e basta. Non si può calcolare tutto quello che in questi oltre venti anni ci è stato donato. Anche la Casa vive di questo movimento, riceve e dona, continuamente.
La Casa è immagine di Chiesa che prova a camminare insieme con preti, consacrati e laici. E’ una famiglia per chi non ne ha e chiede di essere accolta e amata con responsabilità dalla comunità ecclesiale.  E’ luogo sacro che consente un incontro col Signore presente e vivo nei poveri, tenendo insieme preghiera e servizio.

La Casa è fermento di pace in una terra che  ha bisogno di riconciliazione dopo tanto sangue sparso e tante vendette. Ci sarebbero tante altre cose da raccontare e di cui ringraziare. In una parola, grazie a tutti di tutto. Faleminderit  

Sr Ines


Agnese: racconti dal Madagascar

Da circa un mese mi trovo ad Ampasimanjeva che fa parte del distretto di Manakara, ma sulla cartina non è segnata.
Per arrivare ad Ampasimanjeva bisogna prendere un bivio che si trova sulla route  principale. Una volta preso questo bivio ci sono 40-45 minuti abbondanti di strada non  asfaltata con tante buche e quando si è a metà del viaggio si pensa solo ad una cosa: “Finiranno mai queste buche ?” oppure ci si immagina che alla prossima curva ci sia una bella strada asfaltata, ma non è così.

Durante il tragitto  in macchina si ha tutto il tempo per osservare e capire dove si sta andando. Si iniziano a vedere tanti piccoli villaggi e sempre meno negozi e vita cittadina. Le case sono capanne e le chiese sono strutture di lamiera e la domenica, quando batte il sole, si trasformano in forni.  Ogni tanto si intravede qualche scuola in cemento fatta di stanzoni con tantissimi bambini seduti ai banchi. Poi finalmente si arriva ad Ampasimanjeva

Io e la mia compagna di viaggio, Alba, abbiamo le stanze sopra ad una bellissima veranda in legno, con una bellissima amaca (avete presente la pubblicità delle Gocciole? Ecco, molto simile a quella).

Tuttora alla mattina e alla sera mi sembra di essere in campeggio. Sapete i campeggi che si trovano al mare e dove le famiglie passano le vacanze estive? Ecco è un qualcosa di molto simile.
Il momento più bello della giornata per me è il mattino.
Mi sveglio con tutta calma, vado in terrazza, raccolgo i panni stesi dalla sera precedente e, una volta finito di lavarmi e vestirmi, mi siedo sulla sdraio e guardo il sole sorgere attraverso una grandissima e bellissima pianta di lecci posizionata davanti alla nostra veranda.
Durante questo piccolo momento sento piccoli rumori e suoni di un villaggio che piano piano si sta svegliando.

Verso le sette mi reco a fare colazione e il lunedì e il venerdì alle 7.30 c’è la preghiera all’ospedale con tutti i malati, dottori, infermieri e anche gli operai che vi lavorano. Una volta finita la preghiera vengono date tutte le informazioni tecniche ai malati e alle loro famiglie(ad esempio come utilizzare in modo corretto i bagni, non sporcare…) .
 Poi si inizia!!!!
Tutte le mattine io e Alba ci rechiamo dai tubercolotici, che sono circa una ventina; il trattamento per guarire dalla malattia richiede un tempo di cura di due mesi, quindi arriva il malato con tutta la famiglia.

Quando arriviamo da loro, per prima cosa facciamo una piccola preghiera tutti insieme, dopodiché misuriamo ad ognuno la febbre  e trascriviamo la temperatura in un grafico.
Una volta finito distribuiamo le medicine anche ai rispettivi figli, per evitare contagi.
La cosa più buffa dei tubercolotici, oltre ad essere molto simpatici, è che hanno un presidente tra di loro, che è il portavoce del gruppo per le loro necessità.

Una volta finito dai tubercolotici vado in farmacia.

In farmacia collaboro con due ragazzi Tatà e Filippo, con cui mi trovo molto bene, sono simpatici e alla mano.
Faccio varie cose con loro ad esempio dare i farmaci alle persone che vengono, sistemare un po’ il magazzino, vedere quali medicine tenere oppure buttare perché scadute e infine preparare le comande che ci vengono date dai quattro reparti presenti ad Ampasimanjeva : pediatria, maternità,  reparto maschile  e  femminile adulti.
Rimango con loro fino alle 12 per poi andare a pranzo dalle suore.

Finito il pranzo arriva la bellissima e attesissima “pennichella” in veranda, e, se devo essere sincera, serve proprio a riprendersi un po’… anche se gli schiamazzi dei bambini non mancano.
L’amaca è una bellissima amica durante il riposo ma al tempo stesso è una dura lotta alzarsi alle 14.30 per riprendere i lavori!!!

Il lunedì, mercoledì e venerdì pomeriggio sto iniziando a tenere aperta una piccola ludoteca chiamata “Pupponiere” dedicata ai bambini della pediatria e ai figli dei malati che stanno qui due mesi senza andare a scuola e, purtroppo, senza fare nulla. 
Lunedì ci sarà l’inaugurazione: spero che vada tutto bene, e che possa essere un punto di riferimento per i bambini. Nel momento in cui abbiamo deciso, insieme alle suore e a Giorgio (il direttore dell’FMA)  di cimentarci in questo progetto, abbiamo dovuto escludere i bambini di Ampasimanjeva e i figli degli infermieri, dei guardiani… e questo mi dispiace molto, ma sono fiduciosa che una sistemazione per loro riusciremo a  trovarla.

Alle 17 si chiude tutto, farmacia, laboratorio,accettazione … e piano piano tutte le persone iniziamo a rincasare.


Alle 18.30 c’è la cena ( mi sconvolge ancora l’orario, ma almeno riesco a digerire il pasto tranquillamente), perché alle 19.30 il generatore della luce viene staccato. 
Una cosa bellissima di Ampasimanjeva, alla sera, nel momento in cui viene staccata la luce, è il cielo pieno di stelle e il silenzio che mi circonda ( molto spesso mi viene da pensare ai bellissimi campi scout fatti, e a tutte quelle bellissime sere passate davanti ad un fuoco e a un cielo stellato)... si sente solamente il rumore di qualche grillo o cicala,  qualche animale che cammina sopra al tetto di lamiera e tanti, tantissimi insetti, blatte cavallette mantidi … ma cerco di ucciderne un po’ giusto per fare una piccola selezione naturale e per riuscire ad andare in bagno e a farmi una doccia in modo tranquillo.
Verso le 21.30 22.00 il sonno ha la meglio su  di me e vado a letto,  cercando di riposarmi per iniziare un’altra giornata!

Anche qui è arriva la pasqua!!! TRATRA NY PAKA!!!

Il giovedì e il venerdì santo l’ho passato qui ad Ampasimanjeva con la comunità locale mentre il Sabato Santo, Pasqua e Pasquetta sono andata a Manakara per passare le vacanze insieme agli altri volontari.

E’ stata una Pasqua lontano da casa, come lo è stato per il Natale.
Il triduo pasquale per me è sempre stato un momento molto bello e emozionante.
Mi è venuto molto da pensare alle varie pasque fatte a casa, con gli scout e in parrocchia.. tutte molte belle dalla lavanda dei piedi fino al sabato santo e alla benedizione del fuoco.

Mi è venuto da sorridere durante la messa di Sabato santo, durante la benedizione del fuoco perché c’ erano gli scout che si occupavano di questo, c’era la danza con le candele e i bimbi che si addormentavano durante la messa e mi è venuto da pensare che tutto il mondo è paese. Chiudendo gli occhi ho creduto per un attimo di essere nella mia parrocchia, stanca dopo  aver fatto una route, ma felice di essere lì, tutti insieme.

Non so se mi sono preparata in modo corretto alla pasqua, ma so che qualcuno da lassù ogni giorno mi manda qualche sfida fatta di persone, incontri, volti e sorrisi e devo essere solamente io a sapere cogliere i segni che mi manda.

Ogni Giovedì qui ad Ampasimanjeva le suore vanno a trovare i malati nei vari villaggi.  Oggi è stata la seconda volta che ci sono andata  dal mio arrivo e devo dire che è stato molto impegnativo.
Ha piovuto tutta la notte e tutta la mattina, ma al pomeriggio ha smesso e quindi abbiamo deciso di andare. Abbiamo attraversato il fiume con una barca fatta di legno, e poi abbiamo camminato, neanche tanto se devo essere sincera, ma è stato molto impegnativo.
Camminare in una foresta con un sentiero piccolissimo dove passava  solamente una persona per volta, ma soprattutto con tantissimo fango. I piedi sprofondavano fino alle caviglie nelle  pozzanghere e bastava un nulla per scivolare. 
Finalmente siamo  arrivati dalla donna ammalata, Bao, una donna sulla sessantina d’anni, con un corpo magrissimo, scavato, che fatica a parlare, respirare e a muoversi.
Il giorno prima Bao era venuta per una visita in ospedale, aveva fatto la mia stessa strada, il mio stesso percorso. I piedi nel fango li aveva messi anche lei.
Io che ero stanca di quel tragitto, rischiando di continuo di cadere, e lei, con i suoi trenta chili e con quella salute, se l’era fatto tantissime altre volte.
È stato bello andarla a trovare, vedere che lei e la sua famiglia erano contenti che fossimo lì. Anche questa volta ho capito di quanto siamo fortunati ad avere tutto vicino, alla nostra portata.

Un altro segno che mi è stato mandato,è stato un piccolo bambino di nome Sery di cinque anni.
Sery soffre di epilessia e si nota anche qualche problema a livello cognitivo.
E’ arrivato in veranda un sabato pomeriggio chiamando me e Alba
“ mamma”; io e Alba ci siamo guardate, come per dire: “E questo da dove salta fuori?”. Decido di portarlo dalle suore per vedere se sanno qualcosa su di lui. Le suore mi dicono che è un bambino che viene spesso qua, chiede i soldi e chiama tutti mamma e papà.
Pochi giorni dopo si ripresenta, mi vede, mi chiama “mamma” e mi chiede dei soldi. Lo guardo gli dico che non mi chiamo “mamma” ma “Agnese” e che i soldi non si chiedono, mi risponde con “Va bene, domani”.
Lo porto dalle suore, e decidiamo che ha bisogno di una doccia e di vestiti puliti perché è veramente sporco.
Mi avventuro così in questo “ restyling” di Sery. Noto che gli piace stare sotto la doccia, giocare a riempire il secchio d’acqua e a buttarsela addosso, noto anche che è quasi meravigliato, stupito nel vedere che ha una maglia e un pantalone nuovo pulito.
Il giorno dopo con la suora e Alba decidiamo di andare a trovare la sua famiglia. La mamma è scappata, il papà si è risposato e Sery vive con i nonni. I nonni faticano a tenere il bambino con loro, scappa molto spesso da casa, sta via quasi tutto il giorno e nel momento in cui gli si dice un “no” si butta per terra, urla e picchia.
I nonni ci dicono che sono stanchi, che non comprano le medicine per l’epilessia da Dicembre perché costano troppo e non hanno i soldi e che non vogliono più tenere Sery.
Rimaniamo d’accordo che le medicine le paghiamo noi e che se noi gli diamo il riso una volta a settimana loro si impegnano a tenere il bambino.
Mercoledì mattina dopo il mio rientro da Manakara, Sery era lì che aspettava di prendere il riso con sua nonna. Appena mi ha visto mi è venuto subito incontro e mi ha abbracciato: non c’è stata gioia più grande!!! Mentre aspettavamo mi ha incominciato a chiamare dicendo “mamma” allora gli ho incominciato a dire “Agnese, Agnese” e lui ha iniziato a dire “Agnes” poi tutto ad un tratto ha detto  “Agnese”, in un modo così bello che tutti quanti ci siamo stupiti e c’è stato un momento di felicità e risate per tutti quanti e anche lui si vedeva che era bello soddisfatto! 

Spero di rivederlo presto qui, pronto per un “restyling” e per fare due giochi insieme, ma soprattutto per camminare insieme.
Ho imparato in questo primo mese ad Ampasimanjeva  a stare con le persone, con i malati, i bambini, le famiglie dei malati…
Certo, essere dipendente dalla difficoltà che può comportare una lingua non è semplice( direi che dopo aver detto ad un malgascio “sposiamo” invece che “prendi tutte le medicine insieme” possa bastare), ma per loro quel che importa è esserci, sentire che non sono abbandonati a loro stessi e che c’è qualcuno che è lì, pronto per stare con loro, per condividere le gioie e le difficoltà che può comportare un ospedale.

“Per consolare tutti gli afflitti, per allietare gli afflitti per dare a loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto”

Con questa piccola e breve frase vi saluto, auguro ad ognuno di voi di poter consolare e stare a fianco alle persone che hanno bisogno senza fare nulla di eroico, ma semplicemente stare e ascoltare vale più di mille parole.

Un saluto grandissimo da tutta Ampasimajeva.


Agnese