venerdì 29 agosto 2014

Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone

Campo Estivo in Albania
18 Luglio - 1 Agosto 2014

“Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone” - John Steinbeck 

Alcuni momenti del Campo Estivo a Karma
Le persone incontrate, i luoghi scoperti, la cultura così diversa dalla nostra, la comunità con cui abbiamo condiviso le nostre giornate è ciò che ha reso quest’esperienza in Albania così unica e importante.

Innanzitutto le persone incontrate, in particolare i bimbi dei villaggi di Karma e Gomsiqe, con cui abbiamo trascorso molti momenti di gioco durante il campo giochi e l’oratorio. La loro disponibilità e fiducia che ci hanno dato fin dal primo giorno di campo mi hanno spinto a mettermi in gioco, a starci al 100%, a lasciar andare un po’ le paure che inevitabilmente ci accompagnano alla partenza. È proprio grazie alla loro accoglienza e semplicità, insieme a quella di don Stefano, della Benny, della Francy, di Simo e Alle, che ho iniziato pian piano ad entrare nella comunità e nella realtà di Gomsiqe.

Alcuni momenti del Campo Estivo a Karma
La comunità che ci ha accolto ci ha accompagnati nella scoperta di questo paese così vicino ma nello stesso tempo lontano da noi. Innanzitutto la situazione delle donne dei villaggi, che ha influito sul nostro modo di porci e stare con gli albanesi, mettendo al primo posto il rispetto della loro cultura e non l’imposizione della nostra. La povertà incontrata, poi, i ragazzini che portano al pascolo il gregge, le famiglie coinvolte nella vendetta di sangue, la realtà di un paese da poco uscito da anni di regime, sono solo alcune delle cose che mi hanno messo in discussione.
I campisti e la comunità di Gomsiqe
La semplicità con cui abbiamo vissuto mi ha aiutato a riordinare le priorità nella mia vita, a scoprire e dare importanza a ciò che veramente vale. Dai momenti di preghiera insieme, ai viaggi sulle jeep, al cellulare che non prende, alla cena a lume di candela perché non c’è corrente. Al ritorno in Italia mi sono davvero accorta di quante cose si può fare a meno, di quanto l’esperienza in Albania sia stata speciale per il semplice stare con gli altri. Ringrazio davvero di cuore tutti i ragazzi albanesi e italiani con cui ho condiviso questo campo per avermi aiutato, ciascuno a suo modo, a lasciarmi un po’ cambiare da quest’esperienza, come una bella ventata d’aria fresca.


Laura

venerdì 8 agosto 2014

Vera në shqiperi

Come preannunciato nel resoconto mensile, vogliamo condividere con voi i momenti salienti del campo estivo a Karma. La nostra comunità ha animato per una settimana un gruppo di circs trenta ragazzi dai 5 al 16 anni. Tutto questo è stato possibile grazie al gruppo di pieve modolena/modena arrivato il 18 luglio.
Ecco qui alcune foto (le carichiamo appena la connessione internet lo permette!): arrivo dei campisti e partenza degli stessi, insomma le versioni prima e dopo la "cura"!
Poi abbiamo momenti del drama che ci ha accompagnato nei giorni di campo estivo. Drama naturalmente in albanese al quale però anche gli italiani, con grande preparazione, hanno partecipato!
Dopo il drama la giornata proseguiva con la domanda della terza edizione del concorso della biblioteca! La storia di Palecek da dopo l'estate entrerà a far parte dei volumi della nostra biblioteca "librat në udha"
Ecco i laboratori: chitarra, lingua italiana e matematica/scienze....in più non potevano mancare i fuori programma che hanno visto impegnati i bambini più piccoli....
Non è mancata una gita a Scutari con tutti i ragazzi che durante l'anno pastorale hanno partecipato al catechismo. Con loro e alcuni famigliari (fratelli, nonne e mamme) abbiamo visitato il carcere in cui sono stati rinchiusi e uccisi alcuni sacerdoti durante il regime, la cattedrale di Santo Stefano, la chiesa della Madonna del Buon Consiglio e il villaggio della Pace. Infine abbiamo terminato con giochi e un buon pranzo nell'oratorio Don Bosko dei Salesiani

martedì 5 agosto 2014

Vao vao 2 - notizie da Elena e Stefano

Luglio 2014

Carissimi tutti!

Eccoci di nuovo a raccontarvi le ultime notizie dall’isola rossa! Vi scriviamo finalmente dalla nostra destinazione finale, Ampasimanjeva. Stiamo bene, il mal di pancia e le pulci sembrano averci finalmente salutato… ma parliamo piano… non si sa mai L’ultimo periodo di studio della lingua ad Ambositra è davvero volato e le lezioni di malgascio con i professori si sono fatte più intense. Uno dei due insegnanti una domenica ci ha anche invitati a casa sua al pranzo della cresima di suo figlio. Peccato che quella domenica i cresimandi fossero 200… ma fortunatamente non eravamo stati invitati alla cerimonia che è durata “solo” 5 ore! Un pomeriggio siamo stati anche in casa di carità per giocare con gli ospiti che vivono lì e che hanno davvero pochi momenti di svago. L’idea di portare con noi in valigia un po’ di equipaggiamento da clown non poteva essere più azzeccata… è stato toccante vedere come il solo fatto di dedicare loro del tempo possa far nascere dei sorrisi incantevoli.

Il nostro periodo di studio si è concluso a fine giugno, quindi, abbiamo fatto la valigia e siamo partiti per il sud, lasciando la fredda Ambositra. Prima di arrivare a destinazione siamo passati a salutare la numerosa comunità di volontari di Manakara, che ci ha accolto a braccia aperte. Poi siamo finalmente arrivati ad Ampasimanjeva! L’emozione di ritornare in questo posto, che ci aveva tanto affascinato 4 anni fa, è stata davvero forte. La comunità che ci ha accolto, e che è diventata la nostra famiglia, ci aspettava da tempo e con entusiasmo. Ampasimanjeva è un comune molto esteso, a pochi km dalla costa sudest dell’isola. Gli abitanti sono circa 12.000, ma al centro ospedaliero affluisce anche la popolazione dei villaggi limitrofi, per un totale di circa 110.000 persone. Qui insieme a noi ci sono altre 3 volontarie del Centro Missionario: Chiara, Cecilia ostetrica e Giovanna infermiera.
Inoltre, siamo a stretto contatto con una comunità di 4 suore malgasce che ci preparano sempre da mangiare. Oltre a questo, al di fuori dei momenti di preghiera, le suore accudiscono tutto il giorno i gemelli abbandonati in ospedale.


Infatti, in questa regione del Madagascar esiste il tabù dei gemelli (fady kambana): in pratica la tradizione locale non consente di tenere entrambi i gemelli. La madre dopo il parto è costretta ad abbandonarne uno, che le suore accolgono e accudiscono fino al momento dell’adozione. Durante la nostra prima settimana qui, ne sono già arrivati due. I pranzi e le cene sono molto affollati perché mangiamo sempre tutti insieme, anche con il Dott.

CASA DI CARITA’ AMBOSITRA


Martin, primario malgascio dell’ospedale, e con Giorgio il direttore tecnico. E bisogna dirlo… siamo davvero fortunati perché le suore fanno da mangiare divinamente. Sanno bene che non siamo abituati a mangiare riso a colazione pranzo e cena, quindi preparano sempre anche qualcosa di alternativo… e il pane fatto in casa tutti i giorni sta davvero minando il nostro girovita Qui le temperature sono decisamente più vivibili, è come la nostra primavera, ma la stagione attuale è l’inverno. Non osiamo immaginare quanto caldo sarà d’estate, cioè a dicembre. I primi giorni dopo il nostro arrivo sono stati parecchio impegnativi, non possiamo negarlo. La nostra stanza era stata preparata, ma necessitava ancora degli ultimi lavori di ripristino e non è stato semplicissimo fare il tutto vivendoci dentro.


Insomma, ci siamo improvvisati falegnami, imbianchini ed elettricisti, ma il risultato è soddisfacente e stiamo iniziando a percepire la sensazione di “essere a casa”. Qui dobbiamo fare i conti con alcune comodità diciamo “poco comode”. La corrente elettrica c’è solo 2 ore e mezza al giorno dalle 17 alle 19.30 circa, poi… il buio. Qui viene scuro intorno alle 18 circa, quindi dalle 19 in poi la serata è a lume di candela.
L’acqua arriva pompata dal fiume Faraony che scorre qui vicino, e ovviamente è calda solo quando è acceso il generatore della corrente. Per andare in bagno dobbiamo uscire, e vi risparmiamo la descrizione delle acrobazie per le pipì notturne con la pila… soprattutto perché il nostro bagno, anzi bagnetto, è davvero micro: 85 cm per 1 metro e mezzo, comprensivo di doccia. Ma c’è la tazza ed è al coperto, quindi lusso.
Abbiamo fatto i primi incontri con gli insetti tipici di questa zona: dalle formiche non ci si libererà mai, i gechi ridono e continueranno a scorrazzare sui muri della nostra camera e le zanzare svolazzano, ma la zanzariera ci salva. Le uniche bestiacce inutili e orribili che non hanno senso di esistere sono gli scarafaggi, che escono solo di notte e hanno anche osato varcare la soglia della nostra zanzariera durante l’apertura per una pipì notturna. Strage compiuta… ma che schifo! E non si pensi che questi animali ci sono perché non ci laviamo eh?! Con la lingua va meglio, abbiamo iniziato a parlare direttamente con le persone e sembra che ci capiscano… e noi iniziamo un po’ a capire loro. Il problema è che questa zona del Madagascar, che non è più città ma campagna, parla malgascio con il dialetto tipico di questa regione, l’Antaimoro. E in più, parlano velocemente e a voce bassa… insomma, se non è difficile non ci piace!

Scrive Elena
Dopo i primi giorni di ambientamento ho iniziato a lavorare in ospedale. Il padiglione della maternità comprende il reparto delle degenti, la sala parto e qualche ambulatorio. Ci sono circa 15 posti letto ma, se è tutto pieno, le pazienti dormono anche con la stuoia per terra. Questo reparto conta circa 400 parti l’anno.


Al momento ci sono 3 ostetriche che lavorano qui, una di queste è Cecilia, la volontaria italiana. In 3 si barcamenano tra le guardie in corsia e l’ambulatorio diurno. Lavorano sempre, tutti i giorni. Non esiste giorno di riposo e io non ho la più pallida idea di come facciano. Comunque… io per il primo mese sono affiancata in ambulatorio, che funziona dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 12 e dalle 14.30 alle 17 e anche il sabato mattina. Tutte le mattine ci sono i controlli delle donne in gravidanza, se ne presentano ogni giorno circa 30, dipende dal meteo, se piove sono poche, se è una bella giornata è il delirio di gente. In silenzio e con tanta pazienza aspettano il loro turno senza lamentarsi del tempo che passa… ho qualche vago ricordo dei nostri ospedali invece… Una dopo l’altra entrano in ambulatorio, controlliamo il peso, misuriamo la pancia col metro, manovre di Leopold e si ascolta il battito del bambino con lo stetoscopio ostetrico di legno, che volente o no ho imparato ad usare… ma colleghe ostetriche che leggete, provate a sentire voi un BCF con questo strumento a 18 settimane… aaaaa Poi si danno le medicine: ferro, pastiglie antivermi, antimalarico e vaccino antitetanica. Non esistono ecografie, esami del sangue, corsi pre-parto. E la pressione si misura solo al primo controllo (a meno che la donna non abbia le convulsioni…), perché lo sfigmomanometro è soltanto uno e se lo si usa per tutte, si rompe più in fretta… questa spiegazione mi ha lasciata basita. I guanti ci sono ma, se non sono troppo sporchi, si lavano e si riusano.

Le siringhe e gli aghi si disinfettano in formalina e si riutilizzano, fino a quando l’ago non è così smussato da non bucare più la pelle. Per quante spiegazioni mi siano state date, questa è una cosa che faccio molta fatica ad accettare. Non ci sono siringhe a sufficienza per tutto il fabbisogno dell’ospedale, o così o niente. I pazienti partecipano alla spesa delle prestazioni ospedaliere con una somma davvero irrisoria rispetto al costo effettivo. Irrisoria per noi s’intende. Ad esempio, le donne in gravidanza pagano solo la prima visita prenatale, 2000 Ariary (circa 70cent di Euro). Se costasse di più o dovessero pagare tutti i controlli, non verrebbero a farsi visitare. Semplice. L’ospedale rimane in piedi grazie alle donazioni che vengono dall’Italia e dall’estero. Nonostante tutto, questo centro sanitario è un punto di riferimento vitale per le persone di questa zona, che altrimenti non avrebbero alternative, visto che le strutture statali sono inefficienti. Mi ripeto ogni giorno di darmi tempo per capire e per smettere di fare confronti con il nostro paese, ma è difficile. E’ come se dovessi mettere da parte tutto quello che ho fatto fino ad ora (non cancellare, ma mettere da parte). Devo imparare ad usare davvero le mie mani e le mie orecchie nel mio lavoro… e soprattutto devo imparare a fidarmi di quello che sentono. Perché non esiste ecografia di conferma che tenga. Ho tanto ma tanto da imparare da loro, dalle ostetriche con cui lavoro, questa è la realtà. Una cosa che mi sta mettendo un po’ in difficoltà è la marea di burocrazia, tutta su carta e purtroppo in francese. Quindi insieme al malgascio devo imparare anche un po’ di francese. Una passeggiata.
Il giovedì mattina, invece delle visite prenatali facciamo i vaccini ai bimbi.

Ecco, posso dire ufficialmente che odio il giovedì mattina. Lo scorso giovedì abbiamo vaccinato 160 bambini, dai neonati ai più grandicelli. Mi sono beccata due pipì addosso, un calcio e un morsicone… e molto simpaticamente tutte le mamme presenti se la ridevano… Le donne malgasce poi sono tutte da scoprire, ne vediamo di tutti i tipi, magari giovanissime già con 2/3 figli. Sono donne minute, non solo magre, ma proprio basse di statura. Alcune pesano 45 kg a fine gravidanza, sono tutta pancia E questi tatini che nascono per me sono così piccoli… ma sono proporzionati alle loro mamme! Quelli più piccolini li si scalda mettendogli all’interno della copertina un paio di bottiglie di acqua calda, altro che incubatrice… e funziona, funziona! A volte mi stupisco davvero… acqua calda e petto della mamma, è così semplice. E io sono solo all’inizio… non sono ancora stata in sala parto e ho ancora tanto da vedere e conoscere. Ma c’è tempo e voglio camminare a piccoli passi.

Scrive Stefano

Ho iniziato anch’io a lavorare sotto la guida di Giorgio, il direttore dell’ospedale che vive qui da ormai 40 anni e conosce vita, morte e miracoli di tutta la struttura, da quando è stata presa in gestione dal CMD di Reggio Emilia fino ad oggi. Nel tempo si sono susseguite numerose nuove edificazioni per venire incontro alle crescenti esigenze dell’ospedale, che è diventato, per questa zona del Madagascar, la struttura sanitaria di riferimento, molto più efficiente e completo di quelle statali. Ci sono edifici molto vecchi accanto a quelli di recente edificazione, fattore che complica la gestione globale dell’infrastruttura, rendendo necessarie continue manutenzioni e ristrutturazioni. All’interno dell’area dell’ospedale ci sono inoltre la casa delle suore, un’officina meccanica, una falegnameria, una cappella, gli alloggi del personale, gli alloggi per gli ospiti, gli alloggi per i tubercolotici, le cucine (dove le famiglie degli ammalati fanno da mangiare per i propri cari), la torrefazione del caffè e la farmacia. Pian piano dovrò rendermi conto di tutte le attività ordinarie e straordinarie per poter pianificare assieme a Giorgio il da farsi. Per ora ho iniziato a grattare la ruggine dalla copertura in lamiera degli alloggi degli infermieri, la prossima settimana applicheremo della vernice per rallentare il fenomeno. Poi ci saranno da pulire le cucine dalla fuliggine, da ritinteggiare la farmacia, rifare l’intonaco dell’officina, sostituire le piastrelle in alcuni reparti… Insomma, le cose da fare non mancano! Tenendo conto che l’elettricità c’è solo quando viene acceso il gruppo elettrogeno e che l’acqua viene pompata ogni giorno dal fiume alle cisterne, l’ottimizzazione dei processi diventa fondamentale, assieme alla cura degli strumenti disponibili e ad evitare qualsiasi tipo di spreco. Negli alloggi degli ospiti c’è un ampio salone con una tv da 50 pollici lasciata qui da un gruppo di medici francesi, grazie alla quale siamo riusciti a vedere tutte le partite dei mondiali (povero Brasile!). Ogni partita era un evento, con la gente che si metteva in fila fuori dalla porta della sala già 3 ore prima del calcio d’inizio per avere un posto.

Vi ringraziamo per tutte le mail e i messaggi che abbiamo ricevuto in questo periodo, siamo tanto contenti di leggerli e sentirvi vicini… Ci siete di grande supporto! Ci scusiamo se molto spesso non rispondiamo, ma il tempo a disposizione non è tanto, la corrente è poca e internet non è propriamente una scheggia…

Alla prossima! Ciaoooooo!!!