Scrivere, raccontare o inviare foto mi mette in difficoltà
per tanti motivi, ma questa volta cercherò di fare un piccolo passo avanti e di
spiegare un po’ quello che vivo e sento.
All'inizio non avere un progetto ben definito mi ha creato
tanti dubbi e anche un po’ d’ansia: cosa sto facendo qui? Ma Dio ci insegna ad
avere pazienza ed è Lui che ci mostra il cammino!
Le mie giornate sono piene e ogni giorno si aggiunge un
tassello alla mia missione.
L’idea iniziale era poter aiutare i disabili a scuola; mi
sono inserita, ho conosciuto i bambini, le maestre, mi sono fatta conoscere, ma
il problema è che i bambini disabili non vanno a scuola!
Nel frattempo ho iniziato ad accompagnare suor Ana nella
Pastoral da Criança (è un organismo nazionale composto unicamente da persone
volontarie che aiutano le famiglie nella crescita dei bambini da quando sono
ancora nella pancia ai 6 anni) che mi ha permesso di conoscere le famiglie dei
bambini che frequentano la scuola, ma anche qualche bambino disabil, e a capire
bene quale sia la situazione reale qui in paese.
Il lavoro da fare è tanto, ma il primo passo è
sensibilizzare le famiglie, spiegare che i loro figli hanno diritti e che non
possono o devono essere solo una preoccupazione delle famiglie, ma anche della
scuola e dell’intera società.
E così il mio compito è diventato quello di fare da
intermediaria tra le famiglie, la scuola, i medici e chiunque sia coinvolto
nella vita e nell’educazione di questi bambini.
I primi risultati ci sono già: un bambino di tre anni
(probabilmente autistico) ha iniziato un percorso sanitario, in quanto fino ad
ora nessun medico ha diagnosticato un qualche tipo di problema; inoltre da agosto seguirò due bambine che
verranno inserite a scuola per poter iniziare un percorso educativo e di
socializzazione.
Un’attività a cui partecipo sin da quando sono arrivata è
accompagnare Suor Alice nelle diverse comunità rurali; andiamo nelle comunità
ogni 15 giorni ed è sempre una grande gioia potersi ritrovare. Ogni comunità è differente sia per le
attività svolte sia per le persone che partecipano: donne e/o bambini che si
riuniscono per incontri di catechesi, formazione o cucito. Con le donne si
chiacchiera, ci si confronta, si parla delle fatiche e dei problemi di tutti i
giorni; ma in realtà la mia vera gioia è quando andiamo nelle comunità dove
partecipano molti bambini: giochiamo, chiacchieriamo e con i loro sorrisi
rendono la mia vita più bella.
Un pomeriggio eravamo all’esterno della chiesa e i bambini,
nascosti dietro una macchina, continuavano a ridere e a spingersi; ma perchè?
Volevano abbracciarmi ma si vergognavano! Quel pomeriggio ho ricevuto il regalo
più bello: 5 abbracci, 5 baci e il cuore pieno di gioia.
Una sera invece,
mentre aspettavamo che i bambini arrivassero, stavo leggendo il
libricino “Historia de um descobridor” che parla di Mario Prandi, fondatore
delle Case della carità. E’ arrivato uno di loro, si è seduto al mio lato e ha
iniziato ad accompagnarmi nella lettura; è stato uno di quei momenti in cui ho
pensato che fosse un segnale, uno di quelli che non si può ignorare e così ho
deciso di regalargli il libricino (mi ha poi confessato di averlo letto in un
giorno).
E poi c’è il quartiere più povero del paese. Una volta mia
zia suora e missionaria qui in Brasile mi disse: “Difficile da spiegare, ma
riesci sempre ad affezionarti ai bambini che hanno più bisogno”. Beh ci sono
riuscita anche questa volta. Sono due fratellini che mi rendono una persona
migliore! Probabilmente sono loro che mi spingono a pregare di più, perché io
posso fare ben poco, c’è bisogno di Qualcuno più in alto di me per proteggerli.
Un giorno li ho visti guardare i loro amici che giocavano con gli aquiloni; ho
comprato del cotone e gliel’ho regalato; la gioia nei loro occhi mentre il loro
aquilone fatto con un filo di cotone e un foglio di carta volava, non si può descrivere. Non è facile salutarli e tornare a
casa, ma poi prego: prego per loro, perché possano crescere felici e prego per
me, perché possa dar loro il mio meglio!!
Mi rendo conto che quello che vi ho scritto è solo l’1% di
quello che vivo ogni giorno, mi è stato già fatto notare dai miei amici che
racconto poco, che non entro nei
dettagli e che spesso viene fuori solo la parte più divertente di quello che
vivo: le uscite con il gruppo giovani della parrocchia, le feste, i compleanni,
i ritiri in mezzo alla natura (cercate su internet Chapada Diamantina, forse
inizierete a credere che Dio esiste); e anche le foto che pubblico su facebook
o che invio su whatsapp rispecchiano tutto ciò. Qualcuno mi ha già chiesto se
per caso sono in vacanza!
In realtà ho difficoltà a raccontarvi o mostrarvi la parte
più vera di questa mia vita perché non credo sia giusto per i miei bimbi.
Partendo dal fatto che è facile fermarsi a contemplare un paesaggio e scattare
una foto, o catturare un momento insieme ai proprio amici; difficile è pensare
di scattare una foto mentre sono a scuola e tento di insegnare le vocali ad un
bambino, o mentre sono seduta per terra a fianco a uno di loro cercando di
spiegare il perché non si dovrebbero picchiare i propri amici, mentre un bambino mi abbraccia, mentre tengo
tra le braccia un bimbo di 8 giorni e suo fratello più grande lo guarda con
gioia e fierezza, mentre parlo con una nonna che cerca di fuggire di casa e sua
figlia e sua nipote non sanno più cosa fare, mentre un bimbo mi racconta che un
giorno sua madre verrà a prenderlo e finalmente vivranno insieme, mentre due
sorelle giocano dopo non essersi viste per 4 mesi.
Credo che ognuna delle persone che incontro ogni giorno
abbia la sua dignità e proprio non capisco il motivo di dover mostrare una loro
foto.
Purtroppo noi europei cresciamo in una società che ci mostra
immagini di bambini del “terzo mondo”
nudi, magri e con le mosche che gli girano intorno, orgogliosi di chi decide di
vivere la propria vita accanto ai più poveri, in dovere di donare un 1 €, forse
per sentirci meno in colpa per tutto il cibo che ogni giorno buttiamo nella
spazzatura.
Senza parlare di tutte quelle foto di bambini con sorrisoni
splendidi, accompagnati dalla solita frase “Non hanno nulla però sorridono”.
La realtà è che essere poveri fa schifo e questi bambini non
sono felici: non sanno cosa sia l’amore, il calore di un abbraccio, le
attenzioni di un padre o di una madre; non possono ammalarsi perché non ci sono
soldi per curarsi; non sempre hanno da mangiare, non di rado a scuola arrivano
con lo stomaco vuoto. Provate a studiare o a concentravi con lo stomaco che fa
male perché si ha fame!
Perché se hai 9 anni, non c’è nessuno che si prenda cura di
te, sono 3 giorni che hai lo stesso pantaloncino perché nessuno lo lava
(ovviamente sono anche 3 giorni che non fai una doccia) e un altro bambino ti
spruzza dell’acqua addosso dicendoti che sei sporco, tu puoi solo urlargli:
“Allora vieni tu a lavarmeli i vestiti!!”.
Ecco, questa è la realtà, la loro vita, le loro sofferenze;
e se ho scritto questo non è per impietosirvi,
o per sentirmi dire: “Vanessa che bella
persona che sei, che coraggio che hai”.
No!! Sono qui perché credo che donare la propria vita agli
ultimi sia il più bel modo di vivere.
Sto cambiando e me ne rendo conto: amo ogni giorno di più,
il mio cuore è sempre più grande perché le persone che ne fanno parte sono
sempre di più; ma allo stesso tempo sono sempre più dura con chi ha bisogno di
dimostrazioni per credere che la sofferenza umana esista, perchè nessuna mia
parola potrà spiegare al meglio quello che tutti i giorni i miei occhi vedono.
Qualche giorno fa una mamma ha bevuto del veleno per topi,
voleva morire, il perché lo sanno solo lei e Dio. Io mi siedo accanto a lei e
prendo sua figlia più piccola un po’ in braccio, per far riposare un po’ le sue
di braccia.
Una persona
(dall’altra parte dell’oceano) mi ha detto di essere la classica
missionaria che parla, parla e non fa nulla.
Io però rispondo che non sono
partita per salvare il mondo, per costruire ospedali, case o scuole.
A me basta la gratitudine di uno sguardo, perché un
abbraccio e un sorriso possono ridare dignità ad una persona, farle sapere che
non è sola, che vale qualcosa, che il mondo non si è dimenticata di lei.
“Siete le prime persone che entrano nella mia casa”!!
Sono frasi come questa che mi fanno credere che
probabilmente non sto sbagliando tutto.
Ah questa sono io, felice e grata a Dio per la mia vita!!
Vanessa
vanessa, tu e le persone che come te grazie a Dio hanno il coraggio di allontanarsi dalla propria città e dai propri familiari, per fare del mondo la propria famiglia, siete da ammirare, da elogiare... perché lasciare il certo per l'incerto non è da tutti. sono contenta che quello che fai ti rende felice e sono contenta che quello che fai renda felici tante persone. Ti voglio bene.. Rossana(MT)
RispondiEliminaGrazie Rox!! ti voglio bene anche io!!
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