Sono Cecilia,
ho 19 anni, sono da poco tornata da un'esperienza di 6 mesi in India nelle Case
della Carità: è stata un'esperienza davvero forte e indimenticabile!
La prima cosa
con cui sono venuta a contatto appena atterrata (alle 5 di mattina) è stato il
terribile caldo (35 gradi). Poi, durante il viaggio per raggiungere la casa, ho
fatto i primi incontri: intere famiglie che dormivano per strada, sotto i
ponti, sugli spartitraffico etc… Mentre osservavo tutto questo, mi chiedevo
dove fossi capitata: sono stata travolta da un odore terribile che passava dal
pesce marcio allo smog, alla fogna a cielo aperto e nonostante il buio sono
riuscita a vedere tante case fatte solamente con teli di plastica.
Versova |
Poi finalmente
arrivo a Versova (alla Casa della Carità) e davanti alla porta di ingresso vedo
una scritta e un disegno fatti con polveri colorate (welcome): questo è stato solo il primo segnale di accoglienza.
Nei giorni seguenti provo a capire dove sono e a conoscere un po' la casa (che fortunatamente per certi aspetti è simile a quelle italiane), a imparare i nomi degli ospiti e della gente che frequenta
Un po' alla volta ci si abitua alla vita di casa; non è stata la cosa più
difficile. Infatti gli ospiti sono sempre un grande aiuto sotto moltissimi
aspetti e con loro si impara a comunicare anche senza parlare la stessa lingua.
Girando per le
strade e andando tra la gente, si viene quasi abbagliati dall'enorme quantità
di colori brillanti che si vedono ovunque, nel modo di vestirsi della gente,
nelle case, nei negozi e persino sui carretti dei venditori ambulanti. Impressionante
è anche la quantità di statue, di immagini sacre e di fiori che si vedono
dappertutto. Tutto questo, in mezzo a un traffico frastornante causato non solo
dalle auto e dalle riscia (una specie
di apecar giallo e nero), ma anche dalle migliaia di persone che camminano in
strada. La vita indiana, infatti, è vissuta per la maggior parte del tempo
fuori casa.
Per non parlare dei mezzi pubblici. Ogni volta che si prendono è una nuova avventura: salire su un treno vuol dire cominciare a sgomitare e farsi spazio non appena rallenta, stare stretti come delle sardine durante tutto il viaggio e prepararsi almeno 3 fermate prima, altrimenti diventa impossibile scendere.
Per non parlare dei mezzi pubblici. Ogni volta che si prendono è una nuova avventura: salire su un treno vuol dire cominciare a sgomitare e farsi spazio non appena rallenta, stare stretti come delle sardine durante tutto il viaggio e prepararsi almeno 3 fermate prima, altrimenti diventa impossibile scendere.
Ho trascorso i primi 2 mesi nelle periferie di Mumbai; poi sono
andata a Uttan per poco più di un mese, un villaggio di pescatori con una forte
presenza cristiana e con tutte le caratteristiche di un villaggio: molto
accoglienti all'inizio ma anche molto attaccati alle tradizioni. Qui ho avuto
la fortuna di partecipare a dei matrimoni che sono davvero molto diversi dai
nostri.
Slum Mumbai |
Tornando da
Uttan ho visitato uno slum, che credo non sia possibile descrivere a parole: ho
visto famiglie con almeno 2 bambini vivere in case di lamiera formate da una
stanza, senza bagno, che danno su strade strettissime. Ovviamente l'acqua non è
corrente; ma la cosa che mi ha colpito di più è la realtà sociale dello slum:
una specie di comunità dove molte cose sono in comune. Ad esempio, i bambini
spesso entrano senza problema in casa dei vicini come se fosse la loro.
Successivamente
sono andata in Kerala, uno Stato del Sud completamente diverso da Mumbai, un
piccolo paradiso terrestre: qui la visuale cambia sensibilmente, molto meno
traffico, molto meno rumore e molte più piante e ruscelli, con il 25% dei
cristiani (contro il 2% di Mumbai), ma con una cultura ancora diversa.
Infine sono
ritornata a Versova e credo sia impossibile descrivere l'emozione
provata: la sensazione di essere rientrata a casa o meglio di non essere
mai andata via. Un'accoglienza strepitosa come se fossi stata via un sacco
di tempo e allo stesso tempo come se fossi sempre stata una di loro; davvero un
emozione stranissima ma bellissima e indescrivibile. Qui ho trascorso le ultime
2 settimane prima di rientrare in Italia, durante le quali ho anche vissuto la
Pasqua...
Un aspetto
dell'India che mi ha molto colpito è quello dell'interreligiosità, vedere come
3 grandi religioni convivano e si mescolino. Ad esempio: molto spesso veniva
gente indù o musulmana in casa a offrire il pranzo o a portare qualcosa per gli
ospiti. Gli stessi ospiti sono di religioni diverse; inoltre, la mattina si
sentivano prima le campane della nostra chiesa poi quelle del tempio indù, lì
vicino, mentre a Uttan si sentiva il Muezin.
Un altro
aspetto davvero particolare è come ricchezza e povertà convivano una accanto
all'altra: spesso girando per i quartieri si vedono palazzi e case meravigliose
e accanto interi slum (magari un po' nascosti) o case davvero poverissime.
Questa è stata
un po' la mia esperienza. Di India io ne ho vista davvero una piccola parte, ma
da quel poco ho capito che noi non siamo "il centro del mondo", che
tutto quello che possiamo pensare o immaginare, o crediamo sia giusto, è solo
il nostro modo di vedere le cose.
Cobra |
Andare in
India vuol dire dimenticare tutto quello che si crede di sapere e immedesimarsi
in una nuova realtà che può sembrare assurda. Questo mi ha insegnato: che tutto
quello che penso è il mio semplice punto di vista, e che prima di giudicare
qualcosa o qualcuno devo sempre chiedermi se ho provato di guardarlo con occhi
diversi, e smetterla di credere che ciò che penso sia sempre la cosa più
giusta.
Cecilia
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