martedì 28 luglio 2015

Un tratto di strada insieme

Abbiamo intervistato Rossella Veronesi, originaria di Castelnovo Monti, che è appena rientrata in Italia dopo un'esperienza di 2 mesi in Casa di Carità a Laç Vau-Dejes. Ci ha raccontato della sua vita albanese. 

“ Ho 24 anni e sto facendo “la leva” nelle Case della Carità. La leva, per chi non lo sapesse, è un periodo di 6 mesi/1 anno a servizio, 24 ore al giorno, nelle Case della Carità, un periodo della propria vita donato alle Case e al Signore. 

In questo periodo ho accettato l'offerta della mia responsabile di passare 2 mesi in Albania. Anche lì la Casa ha lo stesso ritmo dell'Italia: si servono gli ospiti e si prova a far famiglia con le suore e con i visitatori e volontari. Ma quella di Laç è unica perchè...è albanese, con radici albanesi, e me ne sono accorta subito: a cominciare dalla lingua per me sconosciuta! Nonostante le lezioni fatte prima della partenza, riuscivo ad intuire solo qualcosa di quel che si diceva e forse è stato meglio così. Ho imparato a far silenzio, lasciar parlare gli altri e ascoltare, anche se non capivo, svuotandomi di me stessa per entrare pian piano nella loro realtà. Sicuramente, nel rapporto con gli ospiti della casa, tante parole, ringraziamenti e anche fatiche sono rimaste inespresse, ma questo non ha impedito né a me né a loro di comunicare tanto in questi mesi di convivenza famigliare. Anche suor Rita e sr Grazia, là da quasi tre anni, mi hanno aiutato a entrare nei ritmi e nei riti della casa e sono state un grande aiuto e sostegno. 

Tornando in Italia ho portato con me l'esempio umile delle donne albanesi. Arrivano in Casa alle 7 del mattino, dopo aver già lavorato alcune ore nei campi; hanno le mani forti di chi lavora sodo e, ciò nonostante, riescono comunque ad essere materne e dolci con gli ospiti ed anche con una sconosciuta... come me! E poi hanno una fede semplice che mi ha stupito e attratto. Nelle Case della Carità italiane, la preghiera del rosario è sempre stata per me molto “soporifera”. In Albania invece, ho visto come le donne lo preghino più volte al giorno e con grande affidamento. Guardare a loro mi ha trasmesso una comprensione nuova di questa forma di preghiera, in cui posso portare le persone care e le situazioni più lontane. 

Ho portato a casa anche tante belle relazioni, semplici ma significative, a partire da quelle con gli ospiti della Casa della Carità, tra cui Pjetri e Fabi. La vicinanza della comunità di Gomsiqe e dei giovani volontari italiani ha allargato la mia esperienza anche oltre la Casa della Carità. 
Una persona ricorrente in questi due mesi è anche Dom Simon, il parroco; subito mi era sembrato “austero” invece, è un grande padre per gli ospiti e lo è stato un po' anche per me, mi son sentita vegliata e ben accolta da lui e dalla parrocchia. 
Un altro dono di questo tempo là, è stato incontrare e conoscere i giovani della parrocchia, partecipare agli incontri settimanali il sabato e frequentare il doposcuola per disabili, a cui andavo con qualche ospite. I giovani sembrano sempre più grandi della loro età anagrafica, rispetto a noi; hanno una grande gioia e voglia di vivere. Tutte le sere si trovano a giocare a pallone nel campetto accanto alla Casa fino a che non viene buio, poi... tutti a casa. In Italia i giovani hanno tante occasioni per incontrarsi con gli amici. Là, invece, questo non accade. Ad esempio, le ragazze non possono trovarsi con le amiche al bar, e ancora meno con dei ragazzi. Allora, l'appuntamento al campetto per giocare a pallavolo, è un momento di svago a cui non rinunciano. Tranne quando il “tuttofare” della parrocchia, Sander, non si dimentica gli spruzzini aperti e il campo è allagato!! 
Un'altra cosa preziosa che ho sperimentato in Albania, è stata la generosità di quel popolo. Un giorno, è venuto in visita alla Casa un gruppetto di sedicenni; abbiamo fatto un piccolo incontro sul significato della Casa e poi sono ripartiti. Ma dopo un poco, li vediamo tornare con un'offerta raccolta tra loro: 600 lek (circa 5 Euro), che non è poco, per le loro possibilità…Così anche le donne: arrivavano spesso con il latte della loro mucca o con le uova: un segno semplice e bello di condivisione. Sono molto contenta e grata di aver vissuto quest'esperienza, dove ho potuto sperimentare che davvero si torna più ricchi di come si è partiti… “ 

Sr Rita e Sr Grazia con il piccolo Pjetri
Fabi
Grazie Rossella per questa bella testimonianza di fraternità.

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