“L’Africa, o la mangi o ti mangia”. Questo proverbio mi è stato raccontato da un missionario, in Africa, per spiegarmi come nel continente o ti butti e parli con la gente, assaggi i cibi diversi, sperimenti e ti sperimenti nelle situazioni, hai sete di conoscere (perché capire a volte è troppo difficile), oppure sei devastato. La natura, la situazione in cui la gente è costretta a vivere da forze esterne è così “forte”, a tratti violenta, che scopre di te i lati più nascosti.
Una strada di Goma, tutta in pietra lavica. Sullo sfondo le abitazioni |
Solo un paio di episodi del mio vissuto, a Goma,
città “nera” di lava, il vulcano Niragongo, che la sovrasta, sempre attivo.
Dalle montagne vengono portati in città sacchi di carbone vegetale, principale fonte di fuoco per cucinare |
Sempre Goma, a Messa in una prigione, andata in fiamme lo scorso luglio lasciando a disposizione solo un’ala della struttura. Luisa, la mia ospite ci va ogni domenica, visita i prigionieri, non mi fanno problemi nell’accompagnarla. Vietato fare foto. Delle prigioni africane ho letto molto ma non vi ero mai entrata. Sapevo, ma vedere 1.500 persone ammassate in poco spazio, poche celle, poche tettoie, alti muri, si vive di giorno e di notte all’aperto, come in un girone dantesco... è altro. Si mangia una volta al giorno, quando si mangia. I più fortunati hanno uno spazio, condiviso, in un letto a castello in celle sovraffollate, i più poveri, la maggioranza, dormono lì dove trovano posto, per terra. Anche se piove (e di notte ha sempre piovuto, si avvicina la stagione delle piogge, e fa pure freddo, perché siamo su una catena montuosa).
Una donna si reca al mercato con la sua merce |
A Messa molti sono a piedi scalzi; vuol dire che non possiedono neppure un paio di infradito, perché alla celebrazione ognuno sfoggia il vestito “buono”. Siamo in un angolo del cortile, sotto una tenda posticcia. Uno dei cortili interni diventa luogo di culto la domenica, accanto ai cattolici ci sono i protestanti e un paio di sette pseudocristiane. Un caos, chi canta (cori bellissimi al ritmo dei tamburi) accanto a chi consacra e a chi grida slogan religiosi, tutto nel profondo rispetto nei confronti di ogni religione. C’è anche la moschea (anche se gli islamici sono una esigua minoranza, in Congo), il venerdì. Oltre l’ecumenismo.
Il chukudu, "monopattino", per trasportare i pesi |
Nel cortile accanto c’è una sorta di mercato alla domenica, i prigionieri lo improvvisano vendendo qualcosa di quel che le famiglie portano loro da mangiare. Mi si avvicina un giovane, il 90% dei prigionieri ha meno di 30 anni, e mi mostra 20 centesimi di euro. Vuol sapere quanto valgono. Cinquecento franchi, gli rispondo, poco… glieli cambio. Continuo il mio giro di saluti… tutti chiedono da mangiare, tutti. Quando ritorno sui miei passi il giovane è ancora lì, mi mostra trionfante un pane, mentre ne sta addentando un altro, frutto dei 20 centesimi. Ringrazia ancora.
Emozioni forti, frammenti di condivisione troppo fugace, la speranza e la fede dei poveri, la gioia degli incontri, la gioia della festa… “possono rubarci tutto (e l’occidente ruba tutto, complice la corruzione, in questo paese a cui Dio ha donato ogni ricchezza, ma questa è un’altra storia) ma non la gioia di vivere e di festeggiare la vita”.
Le sarte al mercato a Goma |
Qualche ricordo di un viaggio strano: un passare attraverso la morte, con un grande attaccamento alla vita, in attesa della resurrezione, questo è l’insegnamento del Congo, per quest’anno…
Donata Frigerio
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