lunedì 10 luglio 2017

Akory aby a tutti!! (ciao come state???)

Ecco la frase più pronunciata dal malgascio medio ( con una frequenza di circa 400 volte al minuto ). In realtà questo saluto è utilizzato soprattutto nella regione della Vatovavy, dove ci troviamo noi. Esiste infatti un fenomeno, non ancora spiegato scientificamente, per il quale a un certo punto, superata una sottile linea invisibile circa a livello di Fianarantsoa, il saluto principale diventa “Salama”, ma nessuno sa bene dove si trova. Bisogna salire sull’altopiano per osservare questo evento. Per non parlare di quando ci si avvicina troppo alla capitale (Antananarivo, per gli amici “Tanà”) dove si passa al difficile “manaohana”.


Ma iniziamo per gradi.
Ci troviamo ad Ampasimanjeva, ridente villaggio perso tra le risaie, affacciato sul il Faraony, il fiume che attraversa la regione e finisce per gettarsi nell’Oceano Pacifico. Siamo io e Cristina, arrivate a ottobre-novembre dell’anno scorso, ad abitare qui quest’anno. Entrambe lavoriamo a un progetto sulla salute madre-bambino del reparto di maternità. L’obiettivo è quello di sensibilizzare le donne incinta e le matrone dei villaggi (le Ampanoloana) all’importanza di partorire in ospedale.

 Un momento di formazione con le matrone dei villaggi (ostetriche dei villaggi) qui ad Ampa
Attualmente collaboriamo con 8 villaggi (Fokontany) del comune di Ampasimanjeva. Andiamo circa  4 volte al mese in uscita, ed è emozionante poter entrare e conoscere meglio la realtà rurale. Alcuni di questi villaggi sono davvero sperduti e per arrivarci percorriamo delle strade che non sempre si possono definire tali. Se poi piove…bisogna sperare davvero di tornare a casa. Una delle ultime volte siamo rimasti talmente impantanati che, tempo di uscirne e tutto, ci avevano già preparato pranzo  “all you can it”. Il bello dei malgasci, e devo dire che ciò mi da anche un certo senso di sicurezza, è che non si preoccupano mai troppo.

Un ricoverato all'ospedale
E’ arrivato il ciclone e il fiume è straripato interrompendo lo strada e sommergendo parte del paese? Non è un problema…chiudiamo i battenti per un po' e ci trasferiamo in un’altra casa!
Un fulmine ha distrutto i pannelli solari e non c’è più la corrente all’FMA (e quindi all’ospedale dove ci sono gli ECO e l’ossigeno)? Fa lo stesso, non gli si userà per un po'.
Sono finiti i vaccini per il tetano? Fa lo stesso, non ci si vaccina. E che problema c’è?:)
Insomma, bisogna sostanzialmente mettersi il cuore il pace (o come dicono loro “Amboarina ny fo”: “costruire il cuore” letteralmente).

Oltre al progetto, ad Ampa ci sono tante altre cose da fare! Il tutto si sviluppo intorno all’ospedale. E’diviso in 5 padiglioni sostanzialmente. Due dedicati agli adulti, uno alla maternità (dove si trova anche la sala parto), uno alla pediatria (dove si fanno anche le circoncisioni di solito…evento mondano e momento di incontro in quel di Ampa ) e uno dove ritroviamo la sala operatoria, la scuola, l’accettazione (dove i pazienti pagano la visita e i farmaci) e gli uffici (anche quello mio e della Cri, dove ci alterniamo per inserire i dati dei parti e delle visite delle donne incinta nel computer). Sicuramente inserire questi dati, o come diciamo noi “le fiches” non è il lavoro più divertente del pianeta, ma con un po' di buona musica il tutto cambia.

Nelle cucine dell'ospedale, i parenti dei ricoverati cucinano
Una cosa che colpisce dell’ospedale è che a prendersi cura del paziente in tutti i suoi bisogni (a parte quelli medici, di cui si occupano medici e infermieri) è la famiglia stessa. Sono una specie di OSS diciamo. Di solito, visto che non si sa mai come può andare a finire una visita, il malato non va mai all’ospedale da solo. O con un amico o un famigliare perché se c’è bisogno del ricovero restano li direttamente. L’accettazione dei malgasci lascia sempre senza parole. Non mettono MAI in discussione la parola dei medici o degli infermieri. Se da un momento all’altro scoprono che non possono tornare a casa, non battono ciglio. Si fa e basta. Anche se non sanno quando potranno rivedere i propri cari, niente è più importante del sentirsi presi in carico da qualcuno, di essere curati.
Probabilmente uno dei motivi per cui talvolta affrontano la malattia del proprio caro con tanta rassegnazione è anche per il fatto che, purtroppo, talvolta l’ospedale è visto davvero come l’ultima spiaggia in un certo senso. Prima può essere che siano già stati da qualche stregone che ha usato qualche cura strana (anche più dannosa). Ci hanno raccontato che la figura dello stregone è piuttosto particolare. Alcuni sono più “cattivi”, affrontano dei veri e propri “studi” e che, sembra, per decidere la cura da dare al malato facciano ingoiare dei sassolini o dei semi a un serpente, e,  in base a come li sputa, si sceglie la terapia.

Se si dovesse raccontare di tutte le storie strane che girano intono a stregoni, streghe, ecc…probabilmente bisognerebbe scrivere un libro. E’ davvero strabiliante come per ogni malgascio, anche per gente colta, sia tutto tremendamente vero.
Ma tornando ad Ampa, un’altra parte importante nell’ospedale sono le cucine. Qui i famigliari dei malati vivono fino a quando non potranno tornare a casa con il loro caro. E’ un posto dove davvero si respira aria di casa. Ci sono  i forni, le fatepera (fornelli bassi caratteristici dove cuociono il cibo), gente che mangia, stuoie, coperte. Tante famiglie che legano, si aiutano come possono, si fanno forza a vicenda per i propri cari ammalati.
un bimbo giu dai tubercolotici
In un’altra zona troviamo l’area dei “tubercolotici”. Si tratta di un edificio dove alloggiano i pazienti a cui è stata fatta diagnosi di Tubercolosi, insieme alle loro famiglie. La terapia dura circa 6 mesi, dei quali i primi due mesi li passano qui dove, tutte le mattine, sotto stretta supervisione di Cristina, viene misurata la febbre e vengono distribuiti a farmaci. Visto che devono passare tanto tempo insieme, spesso si creano dei legami anche forti tra i malati e le famiglie. E, dopo due mesi, i saluti e gli addii (“veloma”) sono davvero commoventi.
Da poco, circa 2 mesi, masera (Suora) Saholy, ha fatto costruire un bel campetto da calcio per loro e per i bimbi dell’FMA. Non è tanto grande, ma abbastanza per farli giocare 35 ore su 24 al giorno. Sono davvero instancabili!

In gita con le massere e gli "ospiti" della casa
Le masere della Casa della Carità vivono “avarotra” (nord) dell’FMA. E’ importante questa distinzione perché ci sono anche le masere “atsimo” (sud), che vivono dall’altra parte dell’FMA (e accerrime nemiche ovviamente). Subito ci faceva un po' sorridere questo modo di chiamarsi tra loro, ma poi abbiamo constatato che i malgasci usano tantissimo i punti cardinali per orientarsi. Ci mettono un secondo a capire come sono orientati nello spazio. Altro che stella polare, bussola,  muschio e licheni…portati un malgascio sempre appresso! Non dovrai più affidarti a google maps per viaggiare. Per non parlare poi della loro capacità di camminare al buio, anche quella davvero notevole!Le torce sono davvero un optional.

 La cucina la domenica mattina dalle massere con la cri che aiuta a cucinare
 Stavo dicendo, le masere! Sono il nostro punto di riferimento, nonché parte della comunità. La comunità di Ampasimanjeva è particolare. Ci sono 4 masere: masera Saholy (è la superiore nonché la nostra mamma adottiva), masera Sylvie (è un’infermiera e lavora nel laboratorio dell’ospedale, con la “particolare” passione di riuscire a scoprire più tubercolotici possibili), masera Philippine (fuori severa come un militare ma dentro dolce come il mofo gasy) e, ultima ma non ultima, masera Alphonsine (Antaimoro di origine, matta come un cavallo ma anche lei adorabile). Poi abbiamo il “Doc”, il dott. Martin, chirurgo di fama mondiale nel campo delle fistole vaginali, che nei week-end si trasforma in uno sfegatato giocatore di basket che ha mancato per un soffio l’NBA. Infine Giorgio (l’Ampangiorgio, “Re Giorgio”) che ha dedicato la sua vita ad Ampa e a 67 anni tira avanti tutta la baracca (dalla corrente elettrica, all’acqua,alle macchine…insomma praticamente tutto ciò che funziona) insieme ai suoi operai fidati (gli “Uomini di Giorgio”).

La massera Saholy da da mangiare a un piccolo gemellino!

Poi ci siamo noi!Io e la Cristina che siamo le saramba (letteralmente “ragazze giovani in cerca di marito”). Con le suore condividiamo soprattutto i pasti, le messe, la preghiera della sera e il pinnacolo la domenica pomeriggio (circa 3 ore di feroce battaglia all’ultimo sangue). In realtà facciamo anche tante altre cose insieme! Per pasqua e Natale abbiamo fatto i cappelletti, spesso la Domenica la Cri fa il pane con loro, e qualche volta andiamo in gita. Tra i tanti loro servizi c’è anche quello di accogliere i “kambana”, i gemelli. Il popolo malgascio; ma soprattutto gli antaimoro, hanno i cosiddetti Fahady, che sono delle cose vietate, non si possono fare. I gemelli, nella nostra zona in particolare, sono una di quelle. Uno dei due viene sistematicamente abbandonato. Non è importante che sia maschio o femmina, non si può tenere. Per fortuna, nelle zone più limitrofe ad Ampa, hanno imparato a portarlo in Casa di carità dove le masere se ne prendono cura e lo preparano per essere adottato. E’ un servizio molto bello, ed è sempre emozionante vedere le nuove famiglie che arrivano a prendere il bimbo.
Ma i Fahady non finiscono qui. A Manakara per esempio è vietatissimo mangiare carne di maiale (probabilmente anche per la presenza consistente di musulmani). Qui ad Ampa bisogna stare attenti a non vestirsi di rosso se si va vicino al Faraony, ma anche a non lavarcisi i capelli o le pentole. Pena essere catturati dalle Sirene (ebbene si…dimenticatevi della candida e dolce Sirenentta della Disney) o dai coccodrilli.

Anche uscire di notte è pericoloso, soprattutto per le donne. Rischi di essere etichettata come strega, o, ancora peggio, si rischia di essere cavalcati direttamente dalle streghe. Insomma, onde evitare fraintendimenti, io e la Cri la sera ce ne stiamo buone buone a guardarci i nostri film
Prima di partire mi avevano parlato delle loro tradizioni, sapevo di questi divieti e dei loro usi (di alcuni), ma davvero non smettono mai di stupirti. Ed è bello portare loro rispetto, ti fa sentire più parte del popolo, anche quando ti chiamano Vahaza (“straniero”) 500 volte al giorno. Ma a piccoli passi cominci a sentirti un po' più accettato.

Anche se è difficile raccontare di Ampasimanjeva in poche righe, spero di avervi almeno un po' incuriosito….Veloma a tutti!

Anna

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